Con la rubrica “equiLIBRIsmi” vogliamo, nel nostro piccolo, dare voce alle persone e alle idee che ruotano intorno ai libri e alla lettura. Oggi vi facciamo conoscere il Silent Book Club, lasciando che a raccontarlo siano coloro che lo hanno portato a Torino.
Ciao Monica ed Enrico, grazie per aver accettato di rispondere a qualche domanda per la nostra rubrica. Intanto, per chi non lo conoscesse, potreste descrivere in breve che cos’è il Silent Book Club? Qual è il suo scopo?
Il Silent Book Club è un incontro silenzioso di lettori, in un posto pubblico, tranquillo e “bello”. In pratica ci si ritrova per un’oretta, si legge in silenzio ciascuno il libro che si è portato da casa e poi si passa insieme ancora una ventina di minuti chiacchierando dei libri letti o condividendo una merenda informale. Il primo Silent Book Club è nato negli Stati Uniti qualche anno fa e poi si è diffuso… oggi ci sono una ventina di Silent Book Club in Italia, quasi duecento in tutto il mondo.
Come vi è venuta l’idea di portarlo a Torino? Come è stata accolta l’iniziativa dalla comunità sabauda di lettori?
L’idea è nata in modo casuale, durante un incontro lavorativo con la fondatrice del Silent Book Club di Mergozzo, vicino a Verbania. Il primo incontro è stata una sfida, non sapevamo come sarebbe stata accolta la proposta e quante persone sarebbero venute. La partecipazione ha superato tutte le aspettative e non si è fermata, oggi a Torino siamo in più di 500 persone che seguono il club e, ad ogni incontro, ci riuniamo in 30 e 40.
Pensiamo che questo approccio alla lettura funzioni perché unisce tre aspetti:
- il silent, quindi un momento tranquillo e silenzioso nelle nostre vite sempre frenetiche e rumorose
- il book, ovvero la lettura e avere una buona scusa per prendersi un momento per dedicarsi a leggere
- il club, quindi essere parte di un gruppo (oggi si direbbe di una community) di persone affini, con cui condividere momenti piacevoli senza troppi obblighi o aspettative
Il Silent è un gruppo rispettoso. Rispettoso della lettura (in silenzio), dei tempi (nessuno è costretto a partecipare a tutti gli incontri) e delle scelte, non ci sono giudizi sui libri letti o gare di cultura generale.
Come organizzate gli appuntamenti e come li comunicate ai partecipanti? Qualche anticipazione sulle future location?
Il primo strumento sono i social. Su Facebook c’è il gruppo Silent Book Club Torino ed ora siamo presenti anche su Instagram. Questa non è una contraddizione con l’approccio “silent”. Pensiamo che un altro elemento di successo sia la fusione tra il virtuale della rete e l’incontro di persona. In rete si lanciano gli incontri, ma si parla anche di libri, di lettori, di problemi legati al mondo del libro. Sempre in modo pacato. Per chi non è social abbiamo anche una mailing list.
Per organizzare gli appuntamenti scegliamo posti belli, inusuali per la lettura, disponibili ad ospitarci. Abbiamo iniziato con una galleria d’arte, passando poi per uno studio di psicoterapia e un ostello. Ultimo incontro lo abbiamo tenuto in uno studio di design, per i prossimi incontri stiamo parlando con altre realtà interessanti come musei, mostre d’arte e studi professionali.
Avete appena lanciato un nuovo progetto, il #bookmob. Volete spiegarci di cosa si tratta?
Sui giornali in questi giorni si è letto di librerie che chiudono e di bookcrossing vandalizzati. Già questo basterebbe per alzare la testa ed invitare le persone a pensare. Ma in generale spesso sembra che la mancanza di cultura e di informazioni sia un vanto ed un valore aggiunto. Con il #bookmob vogliamo allora sensibilizzare i cittadini e la città sull’importanza dei libri e della lettura. Pensiamo che trovarsi insieme a leggere in silenzio possa avere un valore politico. #wewillnotbesilent