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Itaca, di Konstantinos Kavafis

Nel 1971 Lucio Dalla cantava Itaca e, pur senza nominare mai Ulisse, rimandava chiaramente all’Odissea e al tema del viaggio e del ritorno a casa. Nel 1910, Konstantinos Kavafis, il poeta più famoso e più tradotto della Grecia moderna, scriveva Itaca, anche lui senza nominare mai il protagonista dell’opera di Omero ma evocando allo stesso modo il topos del viaggio e del ritorno a casa.

Nel volume più recente della collana DieciXUno – Una poesia, dieci traduzioni di Mucchi Editore, dedicato proprio a Kavafis, la curatrice Maria Caracausi, la cui traduzione figura tra le dieci proposte, ci spiega che “uno dei motivi del consenso ottenuto […] da questo autore tanto schivo va ravvisato probabilmente nella sobrietà espressiva e nella sottile ironia, oltre che nella varietà di temi delle sue poesie […]”.

Oltre a otto traduzioni verso l’italiano, il volume ne contiene una verso il francese e una verso l’inglese. Il motivo è che sono considerate “storiche”. Appartengono rispettivamente a Marguerite Yourcenar, autrice di Memorie di Adriano, romanzo che le valse la candidatura al Premio Nobel, e a Rae Dalven, scrittrice e traduttrice romaniota di adozione statunitense pressoché sconosciuta in Italia.

Tra le versioni verso la nostra lingua, è curiosa l’accoppiata Margarita Dalmati e Nelo Risi, entrambi poeti nati negli anni Venti: lei era di madre lingua greca e conosceva bene l’italiano, lui non sapeva una parola di greco moderno. Il loro fu un lavoro a quattro mani minuzioso, e lo dimostra il fatto che, per tradurre Itaca, composta da 36 versi, impiegarono addirittura anni. C’è poi da segnalare la traduzione ad opera di G. Fiorito: di lei non si sa nulla, a quanto pare nemmeno il nome proprio, ed è quindi ancora più invisibile delle tante donne traduttrici nell’Italia del primo Novecento, spesso dimenticate.

Senza svelarvi troppo sulle riflessioni di Caracausi sulle diverse traduzioni, perché considerate le appena 48 pagine di disamina rischieremmo di togliervi il piacere della lettura, condividiamo con voi ciò che più ci ha incuriosito, e cioè il fatto che “tutti i traduttori di Kavafis (in italiano e non solo) devono forzatamente rinunciare a rendere la varietà di registri linguistici cui attinge Kavafis, perché la situazione della lingua greca, caratterizzata dai poli di katharevusa (lingua dotta) e dimotikì (lingua popolare) non trova corrispettivo nelle lingue occidentali.” In fondo Calvino lo diceva: “Sappiamo tutti che la poesia in versi è intraducibile per definizione”. Da una nota inserita da Caracausi scopriamo anche che non solo il poeta attingeva a questi due registri, ma che utilizzava anche “con pregnanza parole ed espressioni che rimandano a diverse fasi della grecità”, e questo perché” – sì, sembra incredibile – “non conosceva il greco, avendo trascorso l’infanzia Inghilterra”. È lo stesso Kavafis a confermarlo:

“Sono costantinopolita di origine, ma sono nato ad Alessandria [d’Egitto] – in una casa di via Serif; sono andato via piccolo assai e gran parte della mia fanciullezza l’ho trascorsa in Inghilterra. In seguito ho visitato quel paese da adulto, ma per breve tempo. Ho vissuto anche in Francia. Nel corso della pubertà ho abitato per più di due anni a Costantinopoli. In Grecia sono molti anni che non vado… Il mio ultimo lavoro è stato quello di impiegato in un ufficio governativo che dipendeva dal Ministero dei Lavori Pubblici dell’Egitto. Conosco l’inglese, il francese ed un poco di italiano…”[1]

Vi lasciamo con la traduzione di Itaca di Nicola Crocetti, grecista, traduttore e fondatore della casa editrice Crocetti e della rivista Poesia. #traduzioneacolazione torna dopo le vacanze, un abbraccio da Cristina, Ilenia e Silvia.

Se ti metti in viaggio per Itaca

augurati che sia lunga la via,

piena di conoscenze e d’avventure.

Non temere Lestrigoni e Ciclopi

o Posidone incollerito:

nulla di questo troverai per via

se tieni alto il pensiero, se un’emozione

eletta ti tocca l’anima e il corpo.

Non incontrerai Lestrigoni e Ciclopi,

e neppure il feroce Posidone,

se non li porti dentro, in cuore,

se non è il cuore a alzarteli davanti.

Augurati che sia lunga la via.

Che siano molte le mattine estive

in cui felice e con soddisfazione

entri in porti mai visti prima;

fa’ scalo negli empori dei Fenici

e acquista belle mercanzie,

coralli e madreperle, ebani e ambre,

e ogni sorta d’aromi voluttuosi,

quanti più aromi voluttuosi puoi;

e va’ in molte città d’Egitto,

a imparare, imparare dai sapienti.

Tienila sempre in mente, Itaca.

La tua meta è approdare là.

Ma non far fretta al tuo viaggio.

Meglio che duri molti anni;

e che ormai vecchio attracchi all’isola,

ricco di ciò che guadagnasti per la via,

senza aspettarti da Itaca ricchezze.

Itaca ti ha donato il bel viaggio.

Non saresti partito senza lei.

Nulla di più ha da darti.

E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso.

Sei diventato così esperto e saggio,

e avrai capito che vuol dire Itaca.

[1] https://www.puntogrecia.gr/wp-content/uploads/sites/6/2023/07/Kavafis.pdf