Quella di oggi, più che una #traduzioneacolazione sarà una #straduzioneacolazione, perché vi presentiamo un romanzo di Laura Pariani, edito da Rizzoli nel 2004, La straduzione, appunto.
Il titolo non poteva non attirare la nostra attenzione, e così ci siamo immerse in una lettura di quelle che rapiscono completamente.
L’autrice ci prende per mano e ci accompagna in un viaggio della memoria, ripercorrendo con nostalgia i propri giorni vissuti in Argentina da adolescente per narrarne le atmosfere al figlio, Luca, “che mai ha visto Buenos Aires”. Ma Laura Pariani segue anche, e soprattutto, le orme dello scrittore polacco Witold Gombrowicz, esule volontario al tempo in cui la Germania invade la Polonia, nel 1939.
A Buenos Aires Gombrowicz era arrivato a bordo di un transatlantico per un breve soggiorno, proprio nei giorni dell’invasione della Polonia da parte di Hitler. In partenza per tornare in Europa, Witold fugge all’ultimo momento bruciando i ponti con il vecchio mondo. Decide di ricominciare daccapo, in un luogo che lo attrae o di cui non conosce neppure la lingua. Il suo è un dispatrio volontario, uno scrittore esule e poverissimo in cerca della propria libertà nell’Argentina ricca di quegli anni. Intorno a lui l’ascesa al potere di Perón, il rifiuto dell’aristocratico circolo intellettuale di Borges e di Bioy Casares, la diffidenza di arcigne affittacamere, la fame placata a funerali di sconosciuti, ma anche l’amicizia con pizzaioli, sartine, vagabondi, ragazzi di vita, intellettuali irregolari, e soprattutto un giovane italiano immigrato, Mattia, che sogna il riscatto della sua vita miserabile attraverso la boxe cui si dedica dopo il massacrante lavoro ai macelli. Come Mattia, anche Witold coltiva un sogno, quello di riuscire a tradurre il suo romanzo “Ferdydurke” in una lingua che non padroneggia, spalleggiato dagli amici che si ritrovano al biliardo del suo Café o che non conoscono il polacco. Due sogni, due storie parallele, in fondo la stessa storia, perché la scrittura come la vita è uguale alla boxe. “La straduzione” è un romanzo argentino, o meglio è una dichiarazione d’amore che l’autrice fa a un paese e a una cultura vicini e lontani, o forse meglio a una città, Buenos Aires e a uno dei suoi più suggestivi quartieri, San Telmo. “Vedi, l’Argentina è così…” aveva detto Witold a Vence sul suo letto di morte alla persona che amava e che mai aveva visto Buenos Aires. E questo è il filo del ricordare e del raccontare di Laura Pariani, la sua scommessa nel farci entrare nel mondo del c’era una volta e dell’oggi che c’è. “Vedi, l’Argentina è così…”
Il romanzo ci offre uno spaccato dell’Argentina vera, a tratti cruda e anche crudele, nella quale il protagonista si barcamena vivendo mille peripezie fino ad approdare al progetto della traduzione in castellano del Ferdydurke, progetto ambizioso quanto irrealizzabile con le sue sole forze, vista la scarsa conoscenza della lingua. Quando paventa l’idea di rinunciare all’incarico, gli amici di Gombrowicz, “tutti expatriados, extranjeros: detriti che le guerre o le dittature avevano depositato sulle rive del Río de la Plata. Scapigliati e un poco matti. Ma locos interesantes”, si offrono di dargli una mano per compiere l’impresa.
“Faremo un comité di traduzione […]. Sarà un’esperienza mai tentata in nessun’altra parte del mondo: tradurre da una lingua che nessuno dei traduttori né conosce né parla.”
“E se qualcuno dicesse che è una cosa poco seria?”
“[…] gli risponderemo per le rime. Perché lavoreremo in modo assolutamente scientifico-: ogni parola sarà discussa sotto tutti i suoi aspetti: il senso, il doppio senso, l’eufonia, la cadenza…”
Come spesso accade a chi traduce, “c’erano mattinate di binari morti. […] Altre volte invece le questioni si risolvevano con un’intuizione improvvisa”.
Così i caballeros di questa Mesa Redonda compiono una “straordinaria impresa di traduzione”.
“Lunga vita al romanzo polacco tradotto in uno spagnolo futuro da una banda di amici di biliardo sotto la guida di un conte apocrifo…!”
E lunga vita anche al romanzo di Laura Pariani, una scoperta del tutto inaspettata quanto piacevole nella quale vi invitiamo a perdervi come abbiamo fatto noi.