La traduzione, scritto dall’argentino Pablo De Santis e pubblicato da Sellerio, è un romanzo che accosta elementi classici del genere poliziesco a elementi fantastici alla Borges. Se avete letto Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, troverete alcune analogie tra le due storie. Così come nel libro della Signora del giallo, anche in questo alcune persone prendono parte a un evento in un luogo isolato in cui a un certo punto viene commesso quello che sembra un omicidio. Naturalmente, i sospetti ricadono subito sui convenuti. A differenza di quanto accade nella storia della Christie, qui l’attenzione non è incentrata tanto sulla risoluzione dell’enigma, quanto sulla complessità del linguaggio e sulle conseguenze a volte nefaste del suo utilizzo.
A raccontarci i fatti è Miguel De Blast, un traduttore che viene invitato a un convegno sulla traduzione in qualità di oratore. Tra i colleghi presenti all’evento ci sono Ana, una sua ex fiamma, Naum, vecchio rivale nel lavoro e in amore, e l’eccentrico Valner, che non si ritiene un professionista al pari di De Blast perché non “vive chiuso in casa, con il computer acceso”, ma traduce “nei bar, davanti a un Gancia con stuzzichini”. Valner è intenzionato a tenere una conferenza sulla lingua enochiana, o “lingua degli angeli”, un linguaggio inventato da John Dee, scienziato ed esoterista del XVI secolo realmente esistito che aveva scoperto il modo di comunicare con gli angeli utilizzando un cristallo di quarzo. Prima del suo intervento, però, il traduttore viene trovato morto, con una moneta antica posizionata sotto la lingua. È stato ucciso o si è tolto la vita? Qualcuno ha voluto impedirgli di parlare? Anche se a occuparsi ufficialmente del caso è Guimar, commissario del paese fantasma in cui si svolge la storia, Miguel non riuscirà ad attendere la conclusione delle indagini e cercherà di interpretare segni e simboli sempre più incomprensibili per dare loro un significato, proprio come un traduttore cerca di rendere il senso del testo che, vestendo i panni di un moderno Caronte, deve “traghettare” da una lingua all’altra.
Al termine del romanzo troverete una esauriente postfazione del professor Angelo Morino, scrittore e traduttore piemontese esperto di letteratura ispanica scomparso nel 2007.